Responsabità da cosa in custodia ex art. 2051
A cura della dott.ssa Giada Contini
Danno da cose in custodia: l’evoluzione giurisprudenziale
L’art. 14 del Nuovo Codice della Strada (d.lgs. n. 285/1992) prevede un obbligo di manutenzione, gestione e pulizia delle strade a carico degli enti proprietari e gestori delle medesime. Più precisamente, la manutenzione attiene alla salvaguardia delle caratteristiche strutturali e funzionali del demanio stradale, mentre la gestione ricomprende ogni attività volta a garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione. Il dovere di pulizia, invece, è strettamente connesso con il perseguimento di obiettivi di sicurezza ed efficienza della rete viaria.
Il citato art. 14 è solo una delle tante disposizioni che prevedono un obbligo di custodia a carico degli enti proprietari delle strade. Ciò nonostante, non si può negare una certa riluttanza da parte della giurisprudenza a riconoscere, a fronte di un sinistro occorso a causa di cattiva od omessa manutenzione del demanio stradale, una responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo a tali soggetti.
Per offrire una panoramica sui principali arresti giurisprudenziali in materia, occorre ricordare che, secondo un primo e risalente orientamento, l’art. 2051 c.c. non sarebbe in alcun modo applicabile a detta tipologia di sinistri. La Suprema Corte, infatti, riteneva che non fosse possibile per gli enti gestori sottoporre il demanio stradale a un controllo efficace e continuo a causa delle eccessive dimensioni del medesimo e dell’uso generale e diretto da parte degli utenti (Cass., 8 novembre 2001, n. 16179). L’unica tutela riconosciuta al danneggiato era, pertanto, quella dell’art. 2043 c.c., ancorché reinterpretato alla luce della categoria dell’insidia o del trabocchetto. Più precisamente, il soggetto leso doveva allegare e provare non soltanto la sussistenza di un fatto, di un evento di danno, di un nesso eziologico tra i primi due e di un comportamento colposo dell’ente gestore, bensì doveva altresì dimostrare la sussistenza di un pericolo occulto presente sul manto stradale -appunto, l’insidia o il trabocchetto-, soggettivamente non prevedibile e oggettivamente non visibile (Cass., 14 gennaio 2000, n. 366). Inutile rimarcare che spesso ciò comportava una vera e propria probatio diabolica a carico del danneggiato.
Nel citato quadro giurisprudenziale, vi era tuttavia un orientamento minoritario favorevole all’applicazione dell’art. 2051 c.c., ma soltanto nel caso di sinistri occorsi su tratti viari ove fosse possibile esercitare una vera e propria custodia -per fare un esempio, l’art. 2051 c.c. era applicabile in ipotesi di cattiva manutenzione di strade comunali, di dimensioni non eccessive e di uso non generale (Cass., 13 gennaio 2003, n. 298).
La vera svolta, però, sopraggiunse nel febbraio 2006, quando la Corte di Cassazione, per la prima volta, riconobbe pienamente l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. e, al contempo, negò la rilevanza della categoria dell’insidia e del trabocchetto ai fini dell’accertamento della responsabilità (Cass., 20 febbraio 2006, n. 3651).
Tale pronuncia, tuttavia, ricostruiva l’art. 2051 c.c. in senso soggettivo, ovvero qualificandolo come fattispecie di responsabilità per colpa, nella specie, presunta. A carico del custode, infatti, sussisteva una presunzione iuris tantum di colpa, il cui fondamento risiedeva nella violazione di un dovere di controllo sul bene. Si riteneva, infatti, che dal demanio stradale non potesse scaturire alcun evento dannoso a fronte di un corretto adempimento del dovere di vigilanza da parte del custode.
Il citato arresto è stato definitivamente superato dalle c.d. sentenze gemelle della Suprema Corte (Cass., 6 luglio 2006, n. 15383; Cass., 6 luglio 2006, n. 15384) che hanno dato origine a un nuovo orientamento, attualmente maggioritario (ex multis, Cass. 12 maggio 2017, n. 11785).
Secondo le sentenze gemelle, la responsabilità per cattiva od omessa manutenzione del demanio stradale ex art. 2051 c.c. sussiste nel caso in cui per l’ente si presenti in concreto la possibilità di “custodia”. Per “custodia”, in questo caso, si intende il “potere di governo” sul bene, ovvero il potere di intervenire in concreto sul medesimo al fine di eliminare le situazioni di pericolo. Detto potere dev’essere individuato tenendo presenti vari elementi, quali l’estensione delle strade, le loro caratteristiche, la posizione delle medesime, le dotazioni, i sistemi di assistenza che le connotano, nonché gli strumenti del progresso tecnologico, capaci di condizionare le aspettative degli utenti. In ogni caso, il danneggiato non dovrà provare l’esistenza del potere di governo in relazione alle autostrade e alle strade comunali, per le quali opera una presunzione di sussistenza del medesimo (Cass., 6 luglio 2006, n. 15383).
Ovviamente, per liberarsi da tale presunzione di responsabilità, l’ente proprietario potrà pur sempre fornire la prova del caso fortuito ex art. 2051 c.c.